Mancano pochi giorni prima che si verifichi quel temuto incremento dell’Iva dal 21 al 22%. Iva, tra rinvio e aumento certo
Iva, tra rinvio e aumento certo. Nel frattempo iniziano ad emergere diverse voci su quale prospettiva possa concretizzarsi in merito. C’è chi parla di rinvio o chi addirittura afferma che dal primo ottobre l’aliquota aumenterà, senza ma e senza se, perché un rinvio sarebbe troppo costoso.
«Io sarei per evitare l’aumento dal 1° ottobre, bloccandolo per un periodo prestabilito, per dare al governo il tempo di varare una riforma che preveda la rimodulazione delle aliquote. È una strada che credo vada valutata attentamente», spiega il sottosegretario all’Economia (quota Pd) Pierpaolo Baretta.
Infatti il problema all’origine è che il governo Letta oggi si trova a fronteggiare un incremento dell’aliquota ordinaria dell’Iva per effetto di una decisione già presa dall’esecutivo precedente. E per farlo si pensa a congelare l’aumento per tre mesi. Per avere il tempo di riformare l’imposta in modo strutturale.
Come? Le strade da seguire potrebbero essere due: ridurre da tre a due le aliquote (allo stato, in base al tipo di beni, sono del 4, del 10 o del 21%), oppure lasciarne tre ma rimodulandole. Spostando cioè alcune tipologie di beni da un aliquota all’altra per superare alcune contraddizioni dell’attuale sistema.
L’ipotesi di rinviare l’aumento dell’Iva di tre mesi, secondo il vice ministro all’Economia Stefano Fassina (quota Pd), “è plausibile”.
Ma è anche vero che un probabile rinvio comporterebbe la necessità di recuperare risorse. Ecco perché si farebbe anche strada l’ipotesi di un aumento certo dell’aliquota. Il motivo? Il Tesoro la proroga all’aumento IVA sarebbe troppo costosa (1 mld di euro) e non consentirebbe di tenersi sotto il tetto del 3% Deficit /PIL imposto dalla UE, già messo a dura prova dall’abolizione del saldo IMU di dicembre e da altre voci di spese .
Per Fassina, invece, la soluzione ci sarebbe: ossia, riconsiderare la seconda rata dell’Imu «facendo pagare il 10% delle prime abitazioni di maggior valore. La rimodulazione della seconda rata sulla prima casa porterebbe nelle casse dello Stato da 1 a 1,5 miliardi. Quanto basta rimandare l’aumento dell’Iva, magari in attesa di trovare le coperture necessarie».
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