
In genere la qualità di erede si acquista mediante l’accettazione, espressa o tacita, i cui effetti retroagiscono al momento in cui si è aperta la successione. Accettazione eredità.
Accettazione eredità. In alcuni casi, invece, l’acquisto della qualità di erede avviene ex lege, anche contro la volontà del chiamato all’eredità. Vediamo quali sono:
– quando il chiamato ha sottratto o nascosto beni spettanti all’eredità stessa; in tal caso non può rinunciare all’eredità;
– quando l’erede, che è nel possesso dei beni ereditari, deve fare l’inventario dei beni entro 3 mesi (prorogabili per altri tre mesi) ma non lo fa; in tal caso trascorso il termine ultimo per la redazione dell’inventario il chiamato è considerato erede puro e semplice.
Accettazione eredità: L’accettazione espressa
L’accettazione è espressa “quando, in un atto pubblico o in una scrittura privata, il chiamato all’eredità ha dichiarato di accettarla oppure ha assunto il titolo di erede. Inoltre è nulla la dichiarazione di accettare sotto condizione o a termine.” Infatti il nostro ordinamento prevede che una “volta eredi si è sempre eredi” ( semel heres, sempre heres) per cui non può apporsi un termine finale all’accettazione così come l’accettazione non può essere revocata. Infine, “è nulla la dichiarazione di accettazione parziale di eredità”; ciò perché con l’accettazione non si acquista quel bene o quella data quota di patrimonio, ma la qualità di erede che è unitaria e indivisibile.
Accettazione eredità: l’accettazione tacita
L’accettazione è tacita quando “il chiamato all’eredità compie un atto che presuppone necessariamente la sua volontà di accettare e che non avrebbe il diritto di fare se non nella qualità di erede”. Di conseguenza ciò che importa ai fini dell’accettazione tacita è l’animus del chiamato che compie un dato atto e non la natura dell’atto compiuto.
Esiste una ricca casistica di fattispecie di accettazione tacita che può risultare:
– da una dichiarazione, ad esempio da un’iscrizione di ipoteca o da una vendita riguardante il bene ereditato;
– da un comportamento consistente ad esempio nel pagamento di un debito ereditario con denaro prelevato dall’asse ereditario;
– dall’inizio di un’azione giudiziaria consistente nella domanda di divisione ereditaria o nell’impugnazione di disposizioni testamentarie ecc.
Il diritto di accettare si prescrive in 10 anni nel caso in cui il chiamato non sia nel possesso dei beni o di parte di essi; in caso contrario si osserva quanto disposto dall’art. 485 c.c., ossia tre mesi o sei se il termine è prorogato.
Coloro che vi abbiano interesse possono esperire un’azione giudiziaria (l’actio interrogatoria) affinché il giudice fissi al chiamato (non nel possesso dei beni e che ha 10 anni di tempo per decidere se accettare) un termine entro il quale dichiari di accettare o di rinunciare all’eredità. Trascorso tale termine senza che il chiamato abbia fatto la dichiarazione, il chiamato perde il diritto di accettare.
Il chiamato, non nel possesso dei beni ereditari, perde il diritto di accettare anche quando abbia formato l’inventario senza però precederlo dalla dichiarazione di successione e non accetta entro i successivi 40 giorni.
Il termine per l’accettazione decorre dal giorno dell’apertura della successione.
Accettazione eredità: l’impugnazione dell’accettazione
L’accettazione dell’eredità può essere impugnata qualora sia l’effetto di violenza o dolo. In tal caso l’azione si prescrive in 5 anni dal giorno in cui è cessata la violenza o è stato scoperto il dolo.
La guida completa alla successione
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