L’azione di riduzione è un’azione che spetta al legittimario nel caso in cui non abbia ricevuto nulla oppure che abbia ricevuto per testamento o si trovi a succedere per successione legittima in una quota di beni inferiore a quella che gli spetta per legge. Azione di riduzione.
Azione di riduzione. Tale lesione può essere stata cagionata dal defunto sia con disposizioni testamentarie che con atto tra vivi, come donazioni e liberalità.
L’art. 560 c.c prevede che l’azione di riduzione consiste nell’attribuire al legittimario i beni in natura necessari a reintegrare la sua quota lesa.
In pratica, in presenza di successione testamentaria la riduzione consiste nel separare la parte del bene che serve per integrare la quota riservata. Se ciò non è possibile allora il bene viene attribuito integralmente all’eredità o a chi ha subito la riduzione con pagamento dei dovuti conguagli. I beni immobili e quelli mobili registrati vengono restituiti al legittimario liberi da pesi e ipoteche, nonché da ogni diritto reale e personale di godimento e di garanzia.
In caso di successione legittima l’art 553 c.c., nel concorso di legittimari con altri successori non legittimari, le porzioni che spetterebbero a questi ultimi si riducono proporzionalmente nei limiti in cui è necessario per integrare la quota riservata ai legittimari. Per cui si procederà prima a ridimensionare le quote dei successori non legittimari (riducendo i beni loro spettanti o le loro quote) per poi passare a ridurre eventuali disposizioni testamentarie (se il defunto ha disposto in parte dei suoi beni con testamento) e infine le donazioni.
Azione di riduzione: modalità della riduzione
In caso di disposizioni lesive della quota di riserva si procede prima alla riduzione delle disposizioni testamentarie e poi alla riduzione delle donazioni in quanto le prime, essendo mortis causa, hanno effetto in un momento successivo (ossi all’apertura della successione che segna anche il momento in cui si procede alla riunione fittizia).
Le disposizioni testamentarie vengono ridotte proporzionalmente (in proporzione a quanto ricevuto al fine di mantenere intatte le proporzioni volute dal defunto) senza distinzione tra eredi e legatari a meno che il de cuius non abbia dichiarato (nel testamento) che una disposizione deve avere effetto con preferenza rispetto alle altre.
Poi si procede a ridurre le donazioni valide. Se la donazione è nulla il legittimario può agire con l’azione di nullità che ha come conseguenza quella di far rientrare il bene donato nell’asse ereditario, avvantaggiando così tutti gli eredi( l’azione di riduzione, invece, mira solo a far dichiarare l’inefficacia delle donazioni o delle disposizioni testamentarie nei confronti del legittimario; solo quest’ultimo potrà procedere poi alla reintegrazione della propria quota, mentre la donazione rimarrà efficace nei confronti di ogni altro soggetto, anche del legittimario che non ha agito in riduzione). Le donazioni si riducono ad iniziare dall’ultima e risalendo via via a quelle precedenti nel tempo in quanto si presume che l’ultima donazione effettuata dal de cuius sia quella lesiva.
Facciamo un esempio: se il defunto ha in vita un patrimonio pari a 1000 e fa prima una donazione di 100 e poi un’altra di 500, morendo subito dopo, e lasciando all’unico figlio un patrimonio di 400 si avrà la seguente situazione: al relictum di 400 (che spetta al figlio) si devono togliere i debiti (supponiamo in tal caso pari a zero) e si sommano le donazioni pari a 600. Si avrà dunque 1000. Poiché all’unico figlio spetta la metà del patrimonio, ossia 500, ne deriva che la quota del figlio ricevuta per testamento è lesiva in quanto è stata di soli 400. Di conseguenza egli potrà agire in riduzione nei confronti dell’ultima donazione (di 500) per recuperare 100. Saranno salve l’ultima donazione per il restante di 400 e la precedente di 100.
La guida completa alla successione
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