Nei grandi centri urbani come Roma o Milano, contraddistinti dalla presenza di maxi condomini, non è facile seguire attentamente l’amministrazione e la gestione degli spazi comuni. In questi casi, gli inquilini in grave difficoltà potrebbero decidere di delegare la manutenzione delle aree condivise a delle figure aventi una lunga e comprovata esperienza nel settore immobiliare.
Figure che molto spesso assumono i contorni di vere e proprie società di capitali, garantendo chiarezza e trasparenza circa i servizi offerti. Tra l’altro, grazie ad internet e ai canali social, bastano pochi secondi per entrare in contatto con il personale qualificato.
Quando nessuno dei condomini è disposto ad assumersi la gestione degli spazi comuni e delle spese, la soluzione è affidare simili incombenze ad un amministratore condomini Roma, sgombrando finalmente la testa da ulteriori fatiche.
Il codice civile vigente ribadisce che l’amministratore di condominio è tenuto a curare l’esecuzione delle delibere, adottate nel corso dell’assemblea condominiale. Una sorta di longa manus della volontà espressa dagli inquilini. Detto ciò, è tempo di chiarire quando la nomina dell’amministratore sia un obbligo e quando invece rappresenti una scelta discrezionale.
L’amministratore di condominio: le ipotesi d’obbligo di nomina
Riprendendo quanto accennato, talvolta la nomina di un amministratore di condominio costituisce un obbligo legislativo in capo ai condomini. La prima ipotesi è quella di un edificio con più di otto condomini. In questi casi, la disciplina codicistica impone la presenza di un rappresentante legale di condominio.
L’articolo 1129 del codice civile vigente aggiunge che, in assenza di decisione assembleare, l’amministratore di condominio è nominato dall’autorità giudiziaria su ricorso di uno o più condomini o dell’amministratore dimissionario. Nel dettaglio, la disposizione citata è stata oggetto di profonda riforma con la legge 220/2012 la quale ha segnato il passaggio da quattro ad otto condomini e l’aggiunta di un riferimento esplicito all’amministratore dimissionario.
Dal 1° gennaio 1998, l’amministratore di condominio è da considerarsi un sostituto d’imposta. Non a caso, lo stesso applica la ritenuta d’acconto sulle somme eventualmente erogate ad altri professionisti.
L’amministratore di condominio: le ipotesi facoltative di nomina
La prima ipotesi facoltativa di nomina dell’amministratore di condominio si ricava implicitamente dall’obbligo già descritto. Dunque, la nomina di un gestore degli spazi comuni e delle spese collettive resta una possibilità quando i condomini sono meno di 8.
Volendo evitare dubbi ed incomprensioni, è bene chiarire che per la creazione di un condominio non c’è bisogno di almeno 8 condomini. È sufficiente la presenza di due diversi proprietari distinti da spazi comuni. Questa è l’unica condizione per la successiva nomina di un amministratore di condominio.
Tale figura resta in carica un anno, a patto che non intervengano revoche dei condomini oppure dimissioni da parte del soggetto nominato. Al termine, la giurisprudenza concorda sul rinnovo automatico per un altro anno. Trascorsi 24 mesi senza interruzioni, il rinnovo diventa ordine del giorno e viene sottoposto all’occhio dell’assemblea condominiale, chiamata a deliberare sul tema. Pertanto, trascorsi 24 mesi dalla nomina non è consentito un rinnovo tacito dell’incarico.
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