Il Reverse charge indica il meccanismo dell’inversione contabile che consente l’eliminazione dell’esigibilità dell’IVA del prestatore e la detraibilità dell’IVA a favore del committente il quale ha l’obbligo di auto fatturazione. Reverse charge edilizia.
Reverse charge edilizia. Lo scopo del reverse charge consiste nell’evitare le frodi IVA: questo meccanismo, infatti, è stato voluto dall’erario per evitare che due soggetti in questione (il destinatario di una cessione di beni o prestazione di servizi e il cedente o prestatore) frodino l’erario, non versando l’IVA o chiedendone il rimborso.
I requisiti fondamentali per l’applicazione del sistema sono: che ci sia un subappaltatore che svolga attività riconducibile ad un’attività edilizia; che tale attività sia effettuata nei confronti di un appaltatore; che il contratto che lo lega all’appaltatore sia di subappalto e infine che le operazioni vengano qualificate ai fini Iva, come prestazioni di servizi e non come cessioni di beni e che il prestatore sia un soggetto passivo Iva ovvero imprese e lavoratori autonomi, cioè coloro che hanno diritto alla detrazione sugli acquisti effettuati.
Si ritengono esclusi dal meccanismo di reverse charge i contratti di appalto, contratti con professionisti e i contratti di appalto-fornitura, in quanto prevedono la cessione di un bene
Ma come si fattura in ambito di reverse charge ? Come già detto si ha bisogno innanzitutto di un sub-appaltatore che fattura all’appaltatore, il quale a sua volta fattura al committente. L’azienda sub-appaltatrice quando dovrà emettere fattura nei confronti del “suo appaltatore”, dovrà farlo senza indicare e quindi caricare l’Iva. Una volta emessa la fattura essa verrà presentata all’appaltatore, il quale dovrà procedere ad integrarla con l’indicazione dell’aliquota e della relativa imposta, annotarla nel registro delle fatture emesse; annotarla nel registro degli acquisti.
Reverse charge edilizia: sanzioni
Per quanto concerne la disciplina sanzionatoria relativa al reverse charge applica le sanzioni generalmente previste per le violazioni di mancata fatturazione e registrazione di operazioni attive: chi viola gli obblighi di registrazione o omette l’imposta con l’integrazione è punito con una sanzione amministrativa compresa tra il 100% e il 200 % dell’imposta partendo da un minimo di € 258,00.
La stessa sanzione si applica al prestatore che ha regolarmente addebitato l’imposta in fattura omettendone il versamento. Se l’imposta viene assolta la sanzione amministrativa è pari al 3% dell’imposta irregolarmente assolta sempre con un minimo di € 258,00 e comunque non oltre i 10.000,00 euro per irregolarità commesse nei primi tre anni di applicazione delle disposizione. Inoltre è prevista una sanzione compresa tra il 5% e il 10% dei corrispettivi non documentati o non registrati nei confronti del prestatore che non emette fattura, fermo restando l’obbligo del committente di regolarizzare l’emissione applicando comunque il meccanismo dell’inversione contabile.
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