Spesso un bene può essere oggetto di successive compravendite. Vendita a catena.
Vendita a catena. Si parla in tal caso di vendite a catena in quanto un soggetto (salvo il primo venditore e l’ultimo compfratore che compra per fruire del bene) assume la veste di acquirente in un contratto e la veste di venditore in quello immediatamente successivo, sempre con riguardo al medesimo bene.
Tale pratica fa nascere alcune questioni, specie per quanto riguarda la tutela del subacquirente in ordine ai vizi della cosa.
Ed in particolare il problema è molto sentito quando il primo venditore è un’impresa che vende prodotti in serie per il tramite di rivenditori.
Vendita a catena: giurisprudenza
In tal caso, in presenza di vizi della cosa venduta la Suprema Corte con una serie di pronunce aveva consentito al compratore, che intendeva ottenere il risarcimento dei danni patiti a causa dei vizi della cosa venduta, di esperire due azioni: o l’azione contrattuale risarcitoria ex artt. 1490 e 1494 c.c. nei confronti del diretto venditore, in applicazione del principio dell’autonomia di ciascun contratto, ritenuto valido anche per le vendite a catena, o l’azione risarcitoria extracontrattuale ex art. 2043 c.c. nei confronti del fabbricante della cosa venduta, laddove nessun titolo per agire gli era stato riconosciuto nei confronti dei soggetti intermedi della catena produttiva e distributiva.
Con una recente pronuncia del 15 aprile 2002, n. 5428, la Suprema Corte ha esteso la responsabilità per i danni causati ai consumatori da prodotti difettosi oltre che nei confronti del produttore o dei produttori (intesi come tutti i partecipanti al processo produttivo), anche, nei confronti del diretto fornitore, cioè del soggetto che, all’interno della catena distributiva, abbia consentito il trasferimento del bene dal produttore al consumatore, e dei fornitori precedenti, se chiamati in causa dal fornitore diretto.
Inoltre, alla stessa responsabilità del produttore è ora sottoposto chiunque, nell’esercizio di un’attività commerciale, importi nella Comunità Europea un prodotto per la vendita o chiunque si presenti come soggetto importatore. Bisogna però qui fare una distinzione. Nel caso di importazioni da uno Stato membro della CE in altro Stato membro, il consumatore può citare il produttore dinanzi al giudice del proprio paese ottenendo così una sentenza direttamente eseguibile nello Stato del produttore. Al contrario, nel quadro delineato dal D.P.R. n. 224/1988, l’importatore di beni fabbricati in paesi extracomunitari può essere chiamato in giudizio, al pari del produttore di tali beni, per rispondere dei danni cagionati dai prodotti importati.
Se, invece, è l’importatore in uno Stato membro della CE ad essere citato in giudizio a causa dei danni cagionati da tali beni, egli può far valere la mancanza di legittimazione passiva e chiamare in causa il fabbricante comunitario, quale diretto responsabile del danno, ai sensi dell’art. 4 del succitato decreto.
Vendita a catena – di Redazione
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